La gastronomia dei frutti dimenticati: di Graziano Pozzetto |
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Prugnola |
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Arbusto spontaneo; spinoso; poco vigoroso
e limitatamente produttivo; della famiglia delle rosacee; contorto,
fitto, di colore scuro; comune e spogliante; i cui rami possono restare
bassi oppure ergersi e formare siepi fitte e inaccessibili. Cresce per
disseminazione spontanea, il che ne agevola la coltivazione, adattandosi
a tante tipologie di terreni: umidi o aridi; ombrosi o soleggiati (che
ovviamente predilige); incolti e degradati, sassosi; lungo strade e
scarpate collinari; accanto a siepi e boschi. Vive sia nell'ambito di
climi temperati che in quelli freddi, maturando annualmente. Le
foglioline sono lanceolate; i suoi fiori sono bianchi e a primavera
ricoprono e caratterizzano con fascino tante siepi. é ad autunno, una
volta cadute le piccole foglie, che la pianta offre i suoi frutti, non
ancora del tutto maturi, in quanto necessitano delle prime gelate
invernali, affinché le componenti più aspre diventino più accettabili e
li rendano più gradevoli. I suoi frutti sono drupe, piccole, sferiche,
bluastre, nerastre con tonalità azzurognole, del diametro di 1 cm circa,
della grandezza di un cece americano o di una nocciola; munite di un
nocciolo grosso e sproporzionato rispetto alla poca polpa. Durante la
maturazione i frutti sono pruinosi e cerosi; il colore prevalente è
verde-ambrato; in genere il colore è assai più intenso durante i mesi
estivi. Inizialmente la sua polpa ha sapore molto personalizzato, aspro,
astringente, acidulo. La perfetta maturità del prugnolo è determinata
non dall'appassimento che ne pregiudica la succulenza, ma da una certa
equilibrata morbidezza del frutto che si verifica alla pressione delle
dita, e contemporaneamente da una acquisita e maggiore gradevolezza del
gusto, che coincide con il periodo invernale. é questo il momento magico
della polpa del prugnolo, una volta eliminato il nocciolo per i tanti
usi tradizionali e non. Una polpa ricca di sostanze salutari e
tonificanti, digestive e astringenti, di acidi organici, tannini e
zuccheri. Considerando la scarsa produttività e la carenza di polpa del
suo frutto, non resta che prendere atto della sua problematica e appena
significativa utilizzazione. Occorre comunque partire da una congrua
quantità disponibile.
Come utilizzare i prugnoli I frutti si usano appena raccolti oppure conservati in sacchetti. Nella tradizione romagnola il prugnolo veniva usato soprattutto per aromatizzare le robuste, grezze, talvolta terribili (per tossicità ed alcoli anomali) grappe casalinghe, campagnole o proverbialmente "montanare", distillate con alambicchi arrangiati e clandestini da una sostanza povera e già sfruttata come le vinacce, grappe che i nostri vecchi e progenitori di molti di noi, hanno profondamente amato e allegramente bevuto, riscaldando l'inverno e per digerire mangiari grossolani e grassi. Oppure se ne ricavava un liquore, di gusto appena amaro ma efficace, per vocazione naturale corroborante e digestivo, ottenuto dalla macerazione alcolica (di alcool o grappa, o acquavite di vino) dei prugnoli ben maturi e schiacciati, arricchita con zucchero sciolto e cannella. Un liquore i cui profumi esplodevano con il caffè bollente (anche se ottenuto da cereali tostati in casa sul fuoco del camino entro l'apposito e rotondo utensile a manico lungo); oppure con acqua calda e miele; infine d'estate con acqua fresca del pozzo. Ma vediamo altre preparazioni. In sciroppo, immettendo i prugnoli lavati ed asciugati, in un vaso ermetico, con zucchero. Poi lo steso vaso viene (ed un tempo veniva) collocato accanto al camino o alla stufa economica a legna, scuotendo di tanto in tanto, fino al completo scioglimento dello zucchero. Dopo un numero adeguato di mesi, opportunamente filtrato e imbottigliato. Se ne otteneva (e se ne ottiene) un prezioso sciroppo, valido come bibita dissetante, con la granita di ghiaccio, su dolci e gelati. Oppure marmellate, cucinando i frutti nel vino bianco con zucchero e un pizzico di sale marino (che paradossalmente ne esalta la dolcezza). Il composto ottenuto si lascia raffreddare, al fine di eliminare pazientemente i relativi noccioli, e si passa: indi viene insaporito con limone di giardino grattugiato e spezie; viene poi dosato, raddensato sul fuoco, setacciato e invasato. Oltre agli usi tradizionali ed ovvi, una siffatta marmellata è gastronomicamente proponibile in abbinamento con carni bollite e con formaggi freschi come lo squacquerone e il raviggiolo. Altri gli usi di questo frutto: confetture; gelatine; preparazione di frutta in agrodolce; nell'omonimo distillato; in sostituzione delle bacche di ginepro; in liquori vari; in salse per carni rosse. Va altresì ricordato che nella farmacopea popolare veniva proposto quale febbrifugo. RICETTE PROPOSTE Ratafià di prugnoli. Salsa di prugnoli |
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